Città in fanne – Don Winslow

Due imperi criminali si spartiscono il controllo del New England. Finché una bellissima Elena di Troia dei giorni nostri non si mette in mezzo tra irlandesi e italiani, scatenando una guerra che li spingerà a uccidersi a vicenda, distruggerà un’alleanza e metterà a ferro e fuoco l’intera città. Se potesse scegliere, Danny Ryan vorrebbe una vita senza crimine e un posto al sole tutto per sé. Ma quando quel sanguinoso conflitto si inasprisce, mettendo i fratelli l’uno contro l’altro, la conta dei morti sale vertiginosamente e lui si ritrova costretto a mettere da parte i suoi desideri e a prendere una decisione che cambierà per sempre la sua esistenza: per salvare gli amici a cui è legato da sempre e la famiglia che ha giurato di proteggere assume il comando, diventa uno stratega spietato, l’eroe di un gioco insidioso in cui chi vince vive e chi perde muore. E forgerà una dinastia che dalle strade polverose di Providence arriverà fino agli studios di Hollywood e agli scintillanti casinò di Las Vegas. Città in fiamme è un’Iliade moderna, contemporanea, una trilogia che abbraccia generazioni e al pari dei classici antichi esplora temi intramontabili come la lealtà, il tradimento, l’onore. Ed è l’ulteriore conferma del genio narrativo di Don Winslow, “uno dei più grandi narratori americani di sempre” (Stephen King).

La palude dei fuochi erranti – Eraldo Baldini

Anno del Signore 1630. A Lancimago, villaggio perso tra campi e acquitrini, gli abitanti aspettano con angoscia la peste che si avvicina. Per prepararsi al peggio, i monaci della vicina abbazia decidono di scavare una fossa comune, ma durante i lavori trovano numerosi scheletri sepolti in modo strano, con legacci intorno agli arti e crani fracassati. La memoria collettiva non sa dire chi siano mentre i frati più anziani oppongono un muro di reticenza e silenzio, e quando cominciano a succedere cose inspiegabili e inquietanti – fuochi che paiono sospesi nell’aria, animali scomparsi, presunti untori che si aggirano tra le vigne – i paesani le attribuiscono al Demonio, cercando streghe e fantasmi da combattere. Ma c’è anche chi a Satana si rifiuta di credere, e in nome della scienza perlustra i terreni a caccia di risposte.

Dalla stessa parte mi troverai – Valentina Mira

Questa storia comincia una sera d’inverno, il 7 gennaio 1978. Davanti a una sede del Movimento sociale italiano nel quartiere Appio Latino, a Roma, vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco due attivisti di destra. Da quel momento, i morti di Acca Larentia diventano icone intoccabili del neofascismo.
Questa storia ricomincia il 30 aprile 1987, quando viene arrestato Mario Scrocca, un militante di estrema sinistra. Secondo gli inquirenti, Scrocca avrebbe fatto parte del commando che colpì ad Acca Larentia. Lo troveranno cadavere ventiquattro ore più tardi, impiccato in una cella di Regina Coeli. Ma troppe cose non tornano…
Questa storia senza fine ricomincia – una volta ancora – un pomeriggio di giugno del 2021. Due donne si incontrano sotto il cielo di Roma. Rossella ha sessant’anni ed è la vedova di Mario Scrocca. Valentina, di anni, ne ha trenta, è cresciuta dalle parti di Acca Larentia, in passato ha frequentato dei neofascisti e si porta dentro le cicatrici di quelle frequentazioni.
Dalla stessa parte mi troverai è il racconto di un amore vissuto a mille nei giorni in cui tutto era ancora possibile e di una vita spezzata al tempo del disincanto collettivo, prima di essere consegnata all’oblio. Con un rigore che non ammette sconti, Valentina Mira fa luce sul vittimismo osceno dei carnefici, demolendo retoriche, alibi, miti di quella destra che si è presa l’Italia.

Rassegna Stampa

C’è un romanzo, ora nella dozzina tra cui scegliere la cinquina finalista del Premio Strega, che per la destra ora al governo non doveva essere scritto, e men che mai arrivare nei pressi della selezione finale del prestigioso concorso letterario. Dalla stessa parte mi troverai di Valentina Mira è “la fiera del revisionismo e dell’odio politico” (Montaruli), “mostra un inaccettabile giustificazionismo nei confronti delle Brigate rosse” (Mollicone), è “la banalizzazione del male che approda al Premio Strega grazie ai favori dell’amichettismo di sinistra’” (Rampelli). Il romanzo, che prende le mosse dalla strage di Acca Larentia del gennaio 1978, è accusato di parlarne in maniera leggera, di essere una sorta di manifesto dell’antifascismo militante e di prendersela ancora una volta con quei morti di destra “di serie B”. […]

Il libro però non parla di questo, ma di una storia pressoché dimenticata che rotola giù dalla strage dei tre ragazzi ammazzati all’Appio Latino. Mario Scrocca, 27 anni, infermiere, vicino a Lotta Continua, sposato con Rossella Scarponi, viene arrestato all’alba del 30 aprile del 1987, accusato (senza prove) di essere nel commando di Acca Larentia. Il giorno dopo, il primo maggio, viene trovato impiccato in una cella antisuicidio. […] Insomma, se i morti di Acca Larentia sono “di serie B”, il povero Mario non milita neanche nella Lega Pro. Lasciategli almeno il libro. – Eduardo Di Blasi su Il fatto quotidiano

La destra attacca il Premio Strega per il romanzo di Mira su Acca Larentia. Mollicone e Foti di Fratelli d’Italia accusano la scrittrice di offendere la memoria delle vittime, mentre l’autrice, Valentina Mira, ha spiegato quale è stata la spinta a scrivere questo libro: «Il senso di ingiustizia, per non far scomparire nell’oblio un fatto storico dell’Italia contemporanea. Nessuno racconta questa storia, nessuno la conosce. Acca Larentia è unicamente raccontata dai fascisti. Mi piaceva far saltare il loro impianto vittimistico». – La Stampa

«È evidente che il libro non è stato letto perché io non parlo dei fatti di Acca Larentia, ma di Mario Scrocca la cui vicenda non volevo andasse perduta […] Mi accusano di revisionismo, di non avere pietà per le vittime di Acca Larentia, ma fanno una confusione strumentale dimostrando di non conoscere le mie pagine: i ragazzi che morirono in quegli anni terribili erano tutti vittime, spesso non avevano neppure il libero arbitrio di decidere il proprio destino. L’ho scritto e lo ripeto. Diverse invece sono le commemorazioni con i saluti romani e le croci celtiche. Quelli proprio non posso giustificarli, perché io sono e resto antifascista». – Valentina Mira per La Repubblica

Il romanzo di Mira viene descritto dai detrattori come un manifesto di «odio antifascista» e una «ricostruzione a senso unico» dei fatti di Acca Larentia. Basterebbe intanto sfogliarlo per rendersi conto che, nelle intenzioni e nell’esito, è un’altra cosa. Nelle prime pagine descrive un raduno del 2008, identico a quello del 2024: «Mi avevano detto che raduni simili non esistevano più. E questi qua, da dove sono sbucati?». Nella folla appare anche Giorgia Meloni, allora ministra della Gioventù. Poi Mira ricostruisce rapidamente i fatti del ’78, richiama l’orrendo dettaglio del militante fascista che dopo l’agguato intinge un passamontagna nelle pozze di sangue, e proprio su questa scena ributtante fonda la volontà di raccontare una storia d’amore: quella fra una donna e un uomo, Rossella e Mario Scrocca, attestato nel 1987 come uno dei responsabili della strage e morto in carcere in circostanze che restano opache. Mira costruisce una sorta di reportage emotivo dal decennio che precede la sua nascita, interessata essenzialmente a dare voce al dolore di Rossella. Non offende la memoria delle vittime; non dà un contributo alla «fiera del revisionismo», come la vicecapogruppo di FdI alla Camera Augusta Montaruli definisce addirittura questa edizione del Premio Strega. Si ferma su un dettaglio ulteriormente doloroso di una storia tragica. [Racconta invece] una morte derubricata come «danno collaterale», ingiustizia nell’ingiustizia. Chi può sindacare sul diritto di raccontarla? Usare pretestuosamente un romanzo e un premio letterario per giocare alla guerra dei revisionismi e difendere pantheon comunque indifendibili è, più che discutibile, pericoloso. – Paolo Di Paolo per La Repubblica

Il Carnefice – Antonio Jovine

C’è un uomo a Bariloche, ai piedi delle Ande, che ogni mattina raggiunge la scuola tedesca dove insegna, fa lezione ai ragazzi e per pranzo torna a casa dalla moglie. Vive lì da quasi cinquant’anni, è perfettamente integrato, rispettato, ha una solida rete di amicizie.

Un giorno, fuori dalla porta trova ad attenderlo una troupe televisiva americana. «Signor Priebke?» gli chiede un giornalista. «Lei era nella Gestapo nel ’44, giusto? A Roma?» L’uomo rimane impassibile, sembra non capire. Poi annuisce.

Come ha fatto Erich Priebke, il capitano della polizia tedesca che il 24 marzo 1944 chiamava i nomi dei 335 uomini da condurre all’interno delle Fosse Ardeatine per essere fucilati, a fuggire in Argentina e vivere indisturbato per mezzo secolo senza che nessuno gli chiedesse ragione dei suoi crimini?

Attraverso un monumentale lavoro di ricerca, un’appassionata serie di interviste ai protagonisti della vicenda e materiale del tutto inedito, Il carnefice racconta tre quella della cattura del vecchio nazista grazie al lavoro di agenti internazionali, l’estradizione e i processi in un Paese profondamente diviso tra chi chiedeva giustizia e chi invocava clemenza per un uomo ormai anziano; quella della carriera di Priebke a Roma, del suo ruolo di predatore di partigiani e della fuga rocambolesca in Argentina dopo la caduta del Reich; e infine una storia di radici, quelle dell’Italia di oggi, con le sue contraddizioni e i suoi antagonismi mai superati, e di Antonio Iovane, che mentre scriveva, indagava ed entrava nel cuore nero della Storia, si è trovato davanti a una verità perturbante.

Perfect Days – Romy Hausmann

Dieci bambine scomparse nei dintorni di Berlino. Dieci piccoli corpi ritrovati nei boschi, in vecchie rimesse, in cantieri abbandonati. E un’unica traccia: una serie di fiocchi rossi appesi ai rami degli alberi, che guidano fino al luogo in cui giacciono le vittime. Sono passati quattordici lunghi anni dal primo omicidio e finalmente la polizia stringe il cerchio intorno al presunto colpevole: il filosofo di fama mondiale Walter Lesniak, ribattezzato dalla stampa il “Professor Morte”. Ma dal momento dell’arresto, quello che un tempo era uno stimato docente universitario, sembra paralizzato dallo shock e aver perduto una delle fondamentali capacità dell’uomo: la parola. Più lui tace, più le cose si complicano. C’è solo una persona che non crede alla sua colpevolezza: sua figlia Ann, determinata a provare l’innocenza di quel padre straordinario, affettuoso e protettivo, e a scoprire chi è il vero killer. Un viaggio che la porterà a esplorare i lati più oscuri dell’animo umano.

Koinonia – Stefano Zampieri

2072. Il campanile di San Marco, una volta simbolo di Venezia, ora si erge come un faro sul Mare Nuovo, che si estende da Bologna ad Alessandria, da Vicenza a Milano. Ma questo paesaggio, ridisegnato dall’innalzamento dei mari, è solo l’inizio di un mondo nuovo.

Una civiltà aliena incombe sulla terra, invitando la popolazione terrestre a far parte della KOINONIA, la comunità universale. Come reagiranno gli umani, di fronte all’insolita proposta? Questo romanzo, distopico e riflessivo, non lascia spazio all’indifferenza costringendo il lettore a interrogarsi sulla natura e sul destino dell’umanità, sul proprio ruolo nell’universo.

Sole e sangue – Jérome Loubry

Cosa sapete della storia di Haiti nel 1984? Nel 2010? A parte il terribile terremoto che ha colpito il Paese il 12 gennaio di quell’anno? Forse, come me, non molto. Non si riesce quasi a localizzarla su una mappa, e non si sa nulla degli eventi storici, dei problemi o della posta in gioco. Il pretesto di un thriller è spesso un ottimo modo per sensibilizzare l’opinione pubblica e affrontare argomenti poco conosciuti. Per il suo quarto romanzo, Jérôme Loubry ci porta ad Haiti, tra Port-au-Prince, la parte ricca del Paese, e Pétion-Ville, un quartiere dove regnano miseria, sporcizia e dannazione. In questi tempi difficili, è bello poter fuggire in terre lontane, soprattutto quelle che non avevamo mai programmato di visitare perché non rientrano tra le mete idilliache che sogniamo di visitare prima di morire (è un modo allegro per iniziare!).

Non sapevo nulla di Haiti “come paese di sole e sangue, come un orco affamato dei suoi stessi figli”. Così, parallelamente alla lettura, ho fatto delle ricerche per immergermi completamente nella cultura di questo Paese dalla storia complessa e dalle tradizioni uniche. In effetti, il voodoo infesta questo romanzo e permette un’immersione totale nella storia. “Questa religione era una parte intima della nostra vita. Scorreva nelle vene di tutti gli abitanti da generazioni, dalla creazione di questa terra del sole attraverso il sangue, dal coraggio dei primi schiavi inebriati dal ritmo ossessionante degli incantesimi e dei tamburi voodoo”.

TERZA DI COPERTINA
Nel quartiere chic di Pétion-Ville, una specie di Beverly Hills haitiana, sorgono bellissime dimore in pietra circondate da una vegetazione sgargiante, da palme e orchidee. È la zona in cui risiedono quelli che ce l’hanno fatta, i nuovi ricchi che attirano le invidie della gente comune e di chi vive ai margini. Lì, per la seconda volta nel giro di una settimana, si è consumato un duplice omicidio dai risvolti macabri. Sulle scene del crimine, infatti, i corpi delle due coppie sono stati ritrovati mutilati e disposti in una posa rituale ai piedi dei loro letti matrimoniali. La stampa ha già cominciato a parlare di assassinii legati al vudù, ma l’ispettore Simon Bélage, uno stropicciato poliziotto avanti con l’età e fuori forma, ne ha viste di tutti i colori e si rifiuta di credere che gli orribili omicidi siano connessi alle superstizioni del culto. Con la collaborazione del giovane collega Manus, ha trovato su entrambe le scene del crimine un origami a forma di bara e da quell’indizio parte a caccia di un serial killer in carne e ossa. Sull’isola caraibica la corruzione e il traffico di bambini provocano più disastri del terribile Baron Samedi, il dio dei morti del pantheon vudù. Le indagini di Simon, aiutato anche dalla figlia Rachelle, sembrano convergere su un orfanotrofio chiuso da quasi vent’anni, soprannominato la “Gaia tomba”. Quali misteri inconfessabili custodiscono quelle mura? Simon dovrebbe stare attento. Perché ad Haiti, che di lì a pochi giorni sarà sconvolta dal più terribile terremoto della sua storia, ignorare gli avvertimenti degli spiriti, veri o falsi che siano, può essere molto pericoloso…

Museo di un amore infranto – Fabrizio Bonetto

A Zagabria c’è un museo che accoglie i ricordi di chi ha un amore fallito di cui disfarsi. È il Museum of Broken Relationship, e conserva anelli, buste chiuse, bambole gonfiabili, lampade a forma di fragola, creme per il viso, flaconi di veleno… Hanno tutti una storia da raccontare.Anche Giacomo e Veronica hanno una storia da raccontare. Iniziano a farlo nel momento in cui Giacomo torna a casa e trova Veronica seduta sul divano, ad aspettarlo in compagnia di un altro uomo con cui ha intenzione di costruirsi una vita nuova. Un capitolo alla volta, le due «parti del problema» analizzano la loro storia d’ è una versione doppia, ambivalente, falsata come solo i ricordi sanno essere; ripercorre cecità e incomprensioni, la noia e l’insoddisfazione delle relazioni stantie, ma anche le dolcezze e i momenti felici.Giacomo e Veronica sono impacciati, crudeli, feriti, orgogliosi, egoisti. Sono anch’essi esposti, come le reliquie amorose del Museo che inframmezzano la narrazione, e aspettano il lettore sul confine invisibile tra prima e dopo, un confine che tutti abbiamo conosciuto, da cui abbiamo osservato con sgomento ciò che ci era parso eterno ed è ora pronto a restringersi fino a diventare un misero spazio vuoto (una porta di casa, l’ultima pagina di un libro) da scavalcare.

MY 2 CENT
Scrittura semplice e diretta, personaggi vivi, finale sorprendente e una “comicità amara” perché uscito il 14 Febbraio per San. Valentino

L’ombra della solitudine – Paolo Roversi

L’intraprendente giornalista hacker Enrico Radeschi si ritrova al centro di una serie di misteri che scavano nelle pieghe più oscure di Milano: l’omicidio di una giovane donna dal passato pieno di ombre e il clamoroso assalto a un furgone portavalori. In gioco però c’è molto di più. Fra le strade avvolte dal gelo di febbraio, un’ombra crudele si fa largo nella mente del Danese, il suo fedele compagno di avventure: la figlia, che credeva morta in un attentato, potrebbe essere sopravvissuta, ma come rintracciarla? Decisi a risolvere questi enigmi, Radeschi e il Danese si sostengono a vicenda in un pericoloso intreccio di mosse azzardate e scelte difficili. In sella al Giallone, la sua inseparabile Vespa gialla del ’74, Enrico si lancia anima e corpo nelle indagini, mosso non solo dalla sete di giustizia, ma soprattutto dalla brama di vendetta. Affrontando nemici inaspettati, scoprirà alleanze inedite e una nuova compagna d’avventura: Liz, giovane quanto ingegnosa hacker, pronta ad affrontare ogni pericolo pur di aiutarlo. Tessendo una trama avvincente, Paolo Roversi offre al lettore un romanzo denso di atmosfera, in cui i colpi di scena si succedono incalzanti lungo le vie trafficate della metropoli, illuminate da una luce fioca che cela inquietanti segreti, mentre Radeschi è impegnato in una delle sfide più ardue della sua vita, prigioniero di una verità capace di sconvolgere ogni sua convinzione.

Storie di Antifascismo senza retorica – Bertoldi e Collini

Quelle raccolte e rese vive sul palco e in queste pagine da Arturo Bertoldi e Max Collini sono storie di uno scontro lungo, che dura ancora. Perché il fascismo non finisce nel 1945, ma se è per questo nemmeno l’antifascismo. Non raccontano di una Resistenza generica, quella che per paura di indossare un colore assomiglia sempre più a una macchia grigia, tradendo una storia di lotta che va riconosciuta. In questo libro c’è una Resistenza rossa come il sangue di chi combatté prima e dopo il 25 aprile 1945, «per una libertà diversa da quella americana», come direbbe Gaber.Storie che si rincorrono, tracciando un quadro di continuità che va dall’esperienza di opposizione ai fascismi al potere fino alle suggestioni di altri continenti, sempre alle prese con le battaglie per la giustizia sociale vera e il progresso reale per tutti. «Senza retorica», perché è nelle parole semplici, forti, nei gesti concreti di solidarietà contro la barbarie, che sta il senso vero dell’antifascismo.  Nessuna conquista democratica, nessuna Costituzione figlia della Resistenza può dirsi acquisita per sempre e il presente non fa che ribadirlo ogni giorno, per questo sarà meglio cominciare da noi stessi a ricostruire il rapporto con la Storia dell’ultimo secolo.Abbiamo cercato di farlo raccontandovi episodi, aneddoti, eventi del passato e della contemporaneità. Storie minime, personali, umane. Senza retorica, senza eroi, senza ufficialità, senza bandiere e, proprio per questo, nostre nel profondo, là dove si fanno i conti con chi siamo, che cosa vogliamo, quanto ci resta ancora da dire. Perché l’«assenza di fascismo» in questa Repubblica, dal 1945 a oggi, è stato solo il desiderio, mai realizzato, di chi ama la democrazia.

Intervento inopportuno e disturbatore